Tratto dal testo Barbonville, sempre dell’autrice Miriana Ronchetti.
Questa storia vuole essere un invito ad andare oltre alla banalità delle apparenze, incontro alle diversità. È lo specchio di un mondo vero-immaginario dove si rifugiano le persone che per vari motivi vengono messe al bando dalla società, mettendo al bando etichette e convenzioni.
Parliamo dei più “sfortunati”, di quanti stanno vivendo una vita piena di difficoltà, di paura e miseria. Bene, portiamoli in scena per capire meglio chi sono, per considerarli “esseri umani”, per comprendere la loro realtà, per tentare di avvicinarsi a loro.
Questa vuole essere una storia umana, poetica, di valori sociali; una storia che aiuta a riflettere, molto attuale, presentata ironicamente e che sottolinea i sentimenti che nonostante le diversità di qualsiasi tipo, legano il genere umano.
L’amicizia e l’amore che ne deriva è uno dei primi; a volte sembra un miracolo.
E c’è un altro miracolo ancora, forse il più bello: quello delle cose non dette ma percepite. In un modo misterioso, ci sono sensazioni che iniziano a vibrare dentro noi e che spalancano la porta a mondi fino a quel momento sconosciuti e inesplorati.
E ci si accorge di quanto a volte possano essere limitati i nostri pensieri, soprattutto quando abbiamo di fronte una persona che è dotata di una forte sensibilità ma, al tempo stesso, sa essere forte e tenace.
“Uniti si vince” deve essere il motto dei giovani che guardano al futuro. Oggi, in una società così difficile, i giovani sono la speranza ma per fare “il mondo nuovo” occorre lavorare molto, dentro di sé; lavorare facendo crescere quei semi che faranno uomini e donne migliori, partendo dall’amore verso l’umanità intera.
“L’amicizia perfetta, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente. E una tale amicizia, è permanente, giacché congiunge in sé tutte le qualità che gli amici devono possedere”. (Platone)
La trama
Nel quartiere povero, dimenticato, di una grande città, vivono alcuni giovani mendicanti, chiamati barboni, clochard; esseri che si sono creati una loro collocazione come “inventori”, riciclando oggetti che prendono ogni giorno dai bidoni della spazzatura.
Guardando al mondo dei cosiddetti esseri normali, si accontentano di essere artisti a modo loro, artefici delle loro vite, laddove non esiste nessuna forma di competizione con alcuno; laddove nessuno si occupa di loro proprio perché sono considerati “rifiuti della società”.
Unici testimoni delle loro strampalate esibizioni, spettatori fedeli, sono due pupazzi da loro costruiti con materiale di scarto, che hanno acquisito una personalità nella loro immaginazione, a tal punto da sentirne anche la voce. I loro nomi sono: Musorotto e Crostasecca.
Con loro possono parlare di tutto; li ascoltano, hanno tempo e, nella loro lucida stranezza, li considerano unici amici, generatori di emozioni.
Un giorno, in quel luogo d’accattoni, arriva un gruppo di giovani distinti e perfettini. Subito, i nostri amici un po’ malmessi, vedono in loro dei collaboratori e dei possibili compagni che, però, prima di poter rimanere, devono superare alcune prove: la prova di resistenza al dolore fisico e morale, la prova di resistenza alla schifezza, resistenza all’umiliazione e quella di resistenza alla paura. I giovani arrivati, annoiati e oramai senza troppi ideali (l’uomo d’oggi), che vagano senza una meta precisa, accettano di “giocare”, ma presto si infastidiscono a tali richieste e decidono di andarsene ma…qualcosa accade in quel luogo, dimenticato e così imperfetto. Una specie d’illuminazione, una visione, un sentimento di calore umano convincono i giovani “perfetti” a rimanere.
Proprio lì, in un posto insolito e così povero, scoprono una speranza di cambiamento al loro vivere noioso e insulso. Divengono amici e scoprono di avere una cosa in comune, una cosa molto importante: la voglia di capire, di credere che nella diversità c’è una via d’uscita per il cambiamento, elemento indispensabile per la comprensione della vita e per amare.
Questa storia racconta in modo originale e a tratti umoristico come sia inesistente il confine tra realtà e finzione, verità e bugia.
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